Nella cartolina, tratta da una fotografia di Domenico Coppi e spedita nel gennaio del 1902, è leggibile sulla sinistra l'insegna dello Stabilimento Salvi

Il treno diretto correva a tutto vapore, e in pochi minuti giungevamo alla Stazione di Prato dove i colleghi Corsi e Salvi ci attendevano con una bella e grande vettura per trasportarci nel luogo prescelto per il nostro primo ritrovo. Salimmo alla testa nel grande carrozzone tirato da due vigorosi cavalli e ci avviammo verso la vallata del Bisenzio: uno dopo l’altro i villaggi passavano quasi in sogno dinanzi a noi, per effetto della nebbia, e il correre rapido dei nostri cavalli: la speranza e il timore si alternavano a brevi intervalli ne' quali si squarciava un breve lembo di cielo, o un’ondata di nebbia si addensava intorno a noi, quasi per dirci che in quel giorno i nostri apparati sarebbero rimasti oziosi. Ah! Peccato! Che la smania delle macchine denominate detectives, delle quali erano provvisti alcuni de’ nostri colleghi, non ci permettesse di utilizzare i mantici delle nostre camere oscure per cacciare la nebbia importuna che ci circuiva ostinatamente. L’aure fresche del mattino, la nebbia che ci attorniava e il timore di non poter esercitarci con i nostri apparecchi, benché di quando in quando si sentisse qualche motto arguto sulla probabilità di fare una gita inutile, tennero assopiti alquanto i nostri spiriti finche giungemmo a Vernio. Ma giunti a quel villaggio, alle ore 8,30 circa, ove erasi stabilitosi fare la prima sosta, tolti i nostri apparati dall’imperiale della diligenza, quasi a guisa di milizie che riordinano le file, ognuno di noi prese il proprio apparato,...

  La nebbia persisteva e l’aria fresca delle colline cominciava già a destare l’appetito nella brigata, sicchè si pensò di provvedere l’occorrente per una modesta colazione da farsi appena giunti all’antica rocca della Cerbaia e quindi ci avviamo per una angusta ed erta via la quale dopo breve tragitto ci presentò allo sguardo la casetta di Pispola ora resa rinnomata dall’evento, che il generale Garibaldi dopo la disfatta della repubblica romana, per sfuggire agli artigli francesi e degli austriaci che erano venuti a riporre sul trono i regnanti temporaneamente spodestati, essendo passato in quella regione si ricoverò per due giorni in quella casa, la quale, benché il tempo fosse poco propizio, fu ritratta da qualcuno dei nostri colleghi.